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Eventi climatici estremi: l’Europa non è preparata 

Secondo i risultati della prima valutazione europea dei rischi climatici, l’European Climate Risk Assessment (Eucra), in Europa le politiche e gli interventi di adattamento non tengono il ritmo con la rapida evoluzione di questi rischi.
“In molti casi – si legge nel rapporto -, un adattamento incrementale non sarà sufficiente. Inoltre, poiché numerose misure volte a migliorare la resilienza ai cambiamenti climatici richiedono molto tempo, possono essere necessari interventi urgenti anche per rischi non ancora critici”.

In base alla valutazione dell’Agenzia europea dell’ambiente, l’Aea, i rischi climatici hanno già raggiunto livelli critici. E potrebbero diventare catastrofici in assenza di interventi urgenti e decisivi.
Di fatto, in Europa i rischi legati ai cambiamenti climatici minacciano la sicurezza energetica e alimentare, gli ecosistemi, le infrastrutture, le risorse idriche, la stabilità economica e la salute dei cittadini. 

Incendi e inondazioni minacciano i territori 

In alcune regioni d’Europa si concentrano rischi climatici multipli. L’Europa meridionale, ad esempio, è “particolarmente a rischio a causa degli incendi boschivi nonché degli effetti delle ondate di calore e della scarsità di acqua sulla produzione agricola, sul lavoro all’aria aperta e sulla salute umana. Le inondazioni, l’erosione e l’infiltrazione di acqua salata minacciano le regioni costiere europee a bassa quota, comprese molte città densamente popolate”.

Secondo Leena Ylä-Mononen, direttrice esecutiva dell’Aea, “l’Europa si trova di fronte a rischi climatici urgenti che si acuiscono più rapidamente di quanto le nostre società riescano a prepararsi. Per garantirne la resilienza, i responsabili politici europei e nazionali devono agire immediatamente – aggiunge – sia mediante una rapida riduzione delle emissioni sia con l’attuazione di politiche e di interventi di adattamento forti”.

A rischio ecosistemi, alimenti, salute, infrastrutture, economia, finanza

La valutazione dell’Aea individua in Europa 36 principali rischi climatici nell’ambito di cinque grandi gruppi: ecosistemi, alimenti, salute, infrastrutture, economia e finanza.
Quasi tutti i rischi nel gruppo ecosistemi, poiché presentano un elevato potenziale di ricaduta su altri settori, richiedono interventi urgenti. Soprattutto i rischi per gli ecosistemi marini e costieri.

I rischi dovuti a caldo eccessivo e siccità sono già a livello critico per la produzione agricola nell’Europa meridionale, ma il calore è il fattore di rischio climatico più grave anche per la salute.
Gli eventi meteorologici estremi più frequenti aumentano poi i rischi per le infrastrutture e i servizi critici (energia, acqua, trasporti). E numerosi rischi climatici interessano anche l’economia e il sistema finanziario.

“Sono necessari interventi urgenti e coordinati”

Secondo l’Agenzia, “l’Ue e i relativi Stati membri hanno compiuto notevoli progressi nella comprensione dei rischi climatici e nella preparazione ad affrontare tali rischi. Tuttavia, riporta Adnkronos, la preparazione della società in generale è resa insufficiente dal ritardo nell’attuazione delle politiche rispetto al rapido aumento dei livelli di rischio”.

La valutazione dell’Aea sottolinea che “per affrontare e limitare i rischi climatici in Europa, l’Ue e gli Stati membri devono collaborare coinvolgendo anche i livelli regionali e locali laddove si rivelino necessari interventi urgenti e coordinati”.

Nel 2023 bollette meno care: luce -34%, gas -27% 

“Nel 2023 abbiamo fatto i conti con bollette meno salate, con l’arrivo del 2024 assistiamo a buoni segnali sul fronte del costo delle materie prime, ma questo non significa che automaticamente le bollette caleranno”, spiega Mario Rasimelli, Managing Director Utilities di Facile.it.
Secondo l’analisi di Facile.it, lo scorso anno tra luce e gas gli italiani hanno infatti pagato, mediamente, 1.633 euro a famiglia: nel 2022 erano 2.349.

In particolare, a parità di consumi, le famiglie italiane con un contratto di fornitura nel mercato tutelato hanno speso, in media, circa 770 euro per la bolletta della luce, e 863 euro per quella del gas. Rispettivamente, il 34% e il 27% in meno rispetto all’anno precedente.

In quale regione si è speso di più per l’energia elettrica? In Sardegna

Considerando la sola energia elettrica e analizzando i dati su base locale, emerge come la Sardegna sia stata la zona d’Italia dove le bollette sono state più pesanti. Nell’Isola il consumo medio a famiglia è stato di 2.835 kWh, che considerando le tariffe dello scorso anno in regime di tutela, corrisponde a un costo di 914 euro, ovvero il 18,7% in più rispetto alla media nazionale.

È bene ricordare che in molte parti della regione non è attivo il riscaldamento con gas di città, situazione che spesso viene compensata utilizzando dispositivi elettrici con conseguenti forti impatti sui consumi.

Sicilia e Veneto completano il podio

Al secondo posto della graduatoria si posiziona la Sicilia, dove lo scorso anno sono stati messi a budget, mediamente, 825 euro a famiglia con un consumo medio rilevato di 2.557 kWh. Chiude il podio il Veneto, area dove si sono spesi 814 euro (2.525 kWh).

Guardando la classifica dal lato opposto, invece, emerge come le aree in cui, a fronte di consumi elettrici più contenuti, le bollette sono state più leggere sono la Liguria (642 euro per un consumo di 1.991 kWh), la Basilicata (662 euro, 2.054 kWh) e il Trentino-Alto Adige (675 euro, 2.093 kWh).

Gas: in Trentino-Alto Adige ne consumano di più

Anche per il gas le bollette variano a seconda dei consumi medi rilevati. Se nel 2023 sul fronte dell’elettricità gli abitanti del Trentino-Alto Adige sono stati tra i più fortunati, la situazione cambia per la fornitura di gas, dal momento che hanno pagato il conto più salato. Mediamente, 976 euro (a fronte di un consumo medio di 1.049 smc). Dati alla mano, il 13% in più di quanto rilevato a livello nazionale.
Seguono, a breve distanza, la Lombardia (968 euro con un consumo medio di 1.040 smc) e l’Emilia-Romagna (958 euro, 1.030 smc).

Le aree in cui, di contro, nel 2023 le bollette del gas sono state più leggere sono la Sicilia (598 euro, 643 smc), la Campania (609 euro, 654 smc) e il Lazio, dove la spesa per il gas è stata di 619 euro (665 smc).

Quali sono i cinque trend del lavoro per il 2024?

Quali sono le cinque tendenze che definiranno il panorama occupazionale nel 2024? Le ha identificate Indeed, il sito globale per chi cerca e offre lavoro, basandosi sui dati e le osservazioni condotte nel 2023.

Il lavoro nel 2024 si preannuncia come un ambiente dinamico, dove adattabilità, innovazione e impatto sociale saranno le chiavi per il successo. Pertanto, i cinque trend che guideranno il mondo del lavoro nel 2024 saranno una crescente domanda di lavoratori altamente qualificati, l’automazione nei processi di recruitment, l’espansione del lavoro ibrido, la necessità di una formazione continua, e una crescente importanza dell’equilibrio tra vita professionale e vita privata.

Formazione continua, nuove tecnologie e flessibilità

Il rapido sviluppo dell’AI, dell’automazione e delle nuove tecnologie richiederà un’adattabilità senza precedenti da parte di lavoratori e aziende.
Il 2024 sarà perciò caratterizzato da una crescente domanda di competenze digitali, in particolare, riguardo AI, robotica e programmazione. Indeed prevede che la formazione continua diventerà una priorità, con un focus crescente su competenze digitali e nuove metodologie di lavoro.

Ma al centro delle politiche aziendali ci sarà anche l’equilibrio tra lavoro e vita personale.
La pandemia ha ridefinito le aspettative dei dipendenti riguardo lavoro flessibile e opzioni di lavoro da remoto.
Le aziende che abbracciano e promuovono un ambiente di lavoro flessibile risulteranno più attrattive.

AI integrata nel recruiting, salute digitale, sostenibilità

La crescente competizione per i talenti porterà a un’innovazione significativa nei processi di assunzione e gestione del personale.
L’integrazione dell’AI nel recruiting diventerà la norma, ottimizzando e automatizzando la corrispondenza tra candidati e posizioni aperte.

Ma i temi emergenti della salute digitale, la tecnologia blockchain e la sostenibilità vedranno un interesse costante anche nel 2024, sia da parte dei datori di lavoro sia di coloro che lo cercano.
Inoltre, le aziende saranno sempre più valutate anche per l’impatto sociale e ambientale. Le organizzazioni che integrano sostenibilità, inclusività e responsabilità sociale nella cultura aziendale attireranno e manterranno talenti di alto livello.

“Trovare il giusto equilibrio tra innovazione tecnologica e umanizzazione”

“Le tecnologie emergenti come l’AI stanno rivoluzionando il modo in cui le aziende assumono e gestiscono i lavoratori, ed è un tema che rimarrà centrale, insieme agli altri aspetti dell’innovazione – commenta Roberto Colarossi, senior sales director di Indeed -. Tuttavia, rimane fondamentale trovare il giusto equilibrio tra l’utilizzo delle innovazioni tecnologiche e l’umanizzazione di tutto il processo di assunzione. Ma non ci sono solo le nuove tecnologie: rimane alta l’attenzione per flessibilità, inclusività e well-being, sempre più importanti per attrarre e trattenere i migliori talenti. Le competenze digitali, anche in settori tradizionalmente non tecnologici, si confermano essenziali, per rimanere competitivi, infatti, sarà fondamentale garantire una formazione continua”.

Sostenibilità e obiettivi ESG, italiani ancora poco preparati 

La sostenibilità è un concetto noto a tutti, ma solo poco più della metà degli italiani ha familiarità con l’Agenda 2030, mentre in pochissimi conoscono gli obiettivi ESG.
Questa è la rivelazione anticipata del Rapporto Annuale dell’Esg Culture Lab, intitolato ‘La cultura della sostenibilità in Italia’, a cura di Eikon Strategic Consulting Italia Società Benefit. 

Solo il 24% conosce il significato di ESG

Il 97% degli italiani ha sentito parlare almeno una volta di sostenibilità, ma solo il 24% sa cosa significhi ESG, acronimo di Environmental, Social, Governance, criteri fondamentali per valutare la governance ambientale, sociale e aziendale di un’impresa o di un’organizzazione.

Il dato sulla consapevolezza degli ESG si accompagna ai numeri sulla diffusione di questi temi sui social network delle principali 300 aziende italiane. Secondo l’Esg Social Channel Tracker, focus mensile dell’Esg Culture Lab di Eikon Italia Società Benefit, su circa 146.000 contenuti pubblicati da queste aziende sui propri account social da gennaio a ottobre, solo l’11% riguarda temi ESG.
Tuttavia, tali post attirano maggiormente l’attenzione degli utenti, ottenendo un tasso di coinvolgimento del 0,48%, superiore al 0,31% dei contenuti non legati agli ESG.

Sui social le aziende puntano sui temi ambientali 

Per quanto riguarda i criteri ESG, emerge dal Tracker che le aziende si concentrano principalmente sulla comunicazione dei temi ambientali (62% dei post), mentre l’area sociale è marginale (36%). Solo il 2% dei post è dedicato a progetti o iniziative legati a donne o giovani, nonostante i post su questi temi raggiungano un alto tasso di coinvolgimento (0,64%), il doppio rispetto agli altri e anche superiore alle tematiche ESG.

Paola Aragno, vicepresidente di Eikon Italia Società Benefit e docente di Metriche della Comunicazione all’Università Lumsa, commenta l’importanza di queste analisi, considerando che i social sono una delle principali fonti di informazione sugli obiettivi ESG per gli italiani.
Secondo il Rapporto Annuale dell’Esg Culture Lab, oltre il 30% degli italiani apprende degli obiettivi di sostenibilità tramite i social network, alla pari con i giornali, mentre la televisione rimane la principale fonte di informazione (59%).

Le nuove sfide della sostenibilità 

Il Rapporto Annuale dell’Esg Culture Lab viene presentato nella sua versione definitiva il 29 novembre a Palazzo dell’Informazione durante l’evento “Le nuove sfide della sostenibilità”, organizzato da Eikon Italia Società Benefit in collaborazione con il Gruppo Adnkronos.
All’evento partecipano figure di spicco come il ministro delle Imprese e del Made in Italy Adolfo Urso e la Presidente Popolari Europeisti Riformatori ed ex ministro per le Pari Opportunità Elena Bonetti, tra gli altri. 

Generazione Z e il cibo: un rapporto sano e giusto

Una recente ricerca condotta da Ipsos per l’Osservatorio Cirfood District ha esaminato il rapporto delle giovani generazioni con il cibo e la ristorazione.
I risultati, considerato che il campione era composta da ragazzi e ragazze fra i 16 e i 26 anni, sono per certi versi sorprendente e indicano una grande maturità da parte delle nuove generazioni in tema anche di benessere, salute e sostenibilità.

Benessere fisico e alimentazione

La ricerca sottolinea che il 73% dei giovani è soddisfatto del proprio peso, mentre il 67% è contento della forma fisica. Questi risultati sono attribuiti all’attività sportiva e al rapporto con l’alimentazione.
Tuttavia, emerge una certa difficoltà nel bilanciare l’alimentazione e la salute, con il 27% dei ragazzi che reputa questo equilibrio spesso difficile.  La ricerca ha identificato quattro comunità di sentimenti tra i giovani e il cibo: i pacificati (44%), gli sregolati (25%), i compiaciuti (16%), e gli esigenti (15%). Queste categorie riflettono le diverse relazioni dei giovani con il cibo, dal rapporto sereno a quello conflittuale.

Il menù perfetto per la Generazione Z

Per la Generazione Z, il cibo ideale è semplice (36%) senza  ingredienti complessi o troppe lavorazioni. Ma mangiare è anche un momento di svago (24%) per imparare nuove ricette, tradizioni e culture, oltre a essere un mezzo per migliorare la salute (22%) e ricaricare le energie (20%). Per quanto riguarda la qualità, i giovani privilegiano i prodotti Made in Italy (38%), gli alimenti sostenibili (27%), quelli privi di antibiotici o ormoni (27%) e provenienti da allevamenti rispettosi del benessere animale (26%).
Questi risultati rivelano una chiara consapevolezza tra i giovani dell’importanza di modelli alimentari responsabili e sostenibili.

Sostenibilità nel sistema alimentare

Il 91% degli intervistati concorda sulla necessità di ripensare il modo in cui il cibo viene prodotto e consumato. Questo favorisce un sistema alimentare globale più sostenibile, a discapito di modelli che accelerano la deforestazione, il cambiamento climatico e la perdita di biodiversità.

Mangiare fuori, cosa piace di più?  

I pasti preferiti dalle nuove generazioni includono pizza (50%), pasta (42%), frutta fresca (42%), carne bianca (39%), riso e cereali (38%).
Uscire piace, e molto: il 66% dei ragazzi cena fuori casa almeno una volta a settimana, in ristoranti italiani, fast food e pub. Questi pasti rappresentano un’importante occasione di socialità per i giovani.

Quali sono oggi le professioni più desiderate?

La società cambia rapidamente e, con essa, anche l’appeal delle varie professioni. Quali sono quelle che oggi attirano di più? A questa domanda risponde una ricerca condotta da Adecco, società del gruppo The Adecco Group focalizzata sullo sviluppo e la valorizzazione delle risorse umane, cha evidenziato come le opinioni degli italiani sulle professioni più ambite siano cambiate notevolmente rispetto a dieci anni fa.

Le professioni in ambito sanitario conquistano punti

I risultati dello studio mostrano un aumento significativo dell’interesse per le professioni nel campo sanitario e del benessere psico-fisico. Questo cambiamento è in parte dovuto al ruolo cruciale che i professionisti di questi settori hanno svolto nel superare le sfide della pandemia degli ultimi anni. Ad esempio, l’interesse per la professione di Medico è cresciuto del 85%, mentre quello per l’Infermiere è aumentato del 39%. Le professioni legate al benessere mentale e fisico hanno registrato un vero e proprio boom, con un aumento del 148% per lo Psicologo e del 349% per il Nutrizionista. Tali incrementi riflettono una maggiore sensibilità verso la salute mentale e l’importanza di una dieta equilibrata per uno stile di vita sano. Tuttavia, l’interesse per la professione di Personal Trainer è diminuito del 5%.

Formazione umanistica sì, ma unita alla tecnologia

Le professioni umanistiche, invece, si trovano in una situazione altalenante. Nonostante le preoccupazioni riguardo all’effetto della tecnologia e dell’Intelligenza Artificiale sulla domanda di queste professioni, c’è ancora un forte interesse in Italia per tali carriere. L’innovazione tecnologica ha spinto le aziende a cercare professionisti con competenze umanistiche arricchite da conoscenze digitali. Rispetto a dieci anni fa, c’è stato un notevole aumento nell’interesse per le carriere legate alla diffusione della conoscenza e alla narrazione, con un aumento del 75% per gli aspiranti Scrittori, del 78% per coloro che vogliono diventare Professori e addirittura del 123% per chi aspira a diventare Insegnante. Tuttavia, l’interesse per la professione di Archeologo è diminuito del 51%, mentre quello per il Giornalista è sceso del 9%, probabilmente a causa delle sfide e delle opportunità ridotte in questi settori.

Lo spettacolo piace solo se è social

Il settore dello Spettacolo e dell’Intrattenimento è uno dei più influenzati dai cambiamenti degli ultimi dieci anni. L’ascesa dei social network e la diffusione delle piattaforme di streaming hanno ridefinito completamente il panorama. L’interesse per diventare Cantanti è diminuito del 50%, mentre quello per diventare Youtuber è sceso del 13%. In compenso, la professione di Influencer ha registrato un aumento impressionante del 505%, sebbene fosse ancora in fase embrionale nel 2013. Inoltre, ci sono differenze di genere evidenti, con un aumento del 41% nell’interesse maschile per la professione di Modello e una diminuzione del 39% per quella di Attore, mentre per le donne è il contrario, con una diminuzione del 17% per la professione di Modella e un aumento del 5% per quella di Attrice.

Avvocato ni, sportivo sì, carabiniere no

Le professioni giuridiche sembrano non esercitare più lo stesso fascino di un tempo. L’interesse per diventare Giudice è diminuito del 20%, mentre per l’Avvocato è sceso del 28%, con l’unica eccezione del Notaio, che ha registrato un aumento del 116% nell’interesse rispetto a dieci anni fa.
Nel campo delle professioni sportive, il Calcio rimane una professione attraente in Italia, con un aumento del 27% nell’interesse, ma il Pilota è la professione in maggiore crescita, con un aumento del 44%. L’interesse per la professione di Allenatore è invece diminuito del 9%. Infine, c’è un calo significativo dell’interesse verso le professioni legate alla sicurezza e alle Forze dell’Ordine. L’interesse per la carriera di Poliziotto è diminuito del 21%, quello di Pompiere del 32% e quello di Carabiniere addirittura del 42%. Questo trend solleva questioni importanti riguardo alla necessità di rendere queste professioni più attraenti per garantire la sicurezza pubblica.

Imprese: frena ancora la domanda di credito, -4,2%

Emerge dall’analisi delle istruttorie di finanziamento registrate su EURISC, il Sistema di Informazioni Creditizie gestito da CRIF: nel secondo trimestre del 2023 il numero di richieste di credito presentate dalle imprese italiane cala quasi del -5% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, portando nel primo semestre il dato complessivo a -4,2%.
L’ultimo aggiornamento del Barometro CRIF evidenzia inoltre come l’importo medio nel primo semestre 2023 sia in crescita del +17,6% rispetto al medesimo periodo 2022, attestandosi a 141.581 euro, ma risulti in rallentamento nel secondo trimestre (+8,3%).
La frenata delle richieste di credito riguarda sia le Società di capitali, che nel primo semestre hanno registrato un -3%, sia le Imprese individuali, per le quali la flessione è stata del -6,6%. 

Imprese individuali: importo medio richiesto 47.561 euro

Quanto alla distribuzione e al ranking per classe di importo, la fascia sotto i 5mila euro cresce di quasi 1 punto percentuale, e si attesta al 30,7% del totale delle richieste, aumentando leggermente il distacco dalla seconda classe di importo, quella oltre i 50mila euro, che al contempo perde l’1%, calando dal 29,2% al 28,2%. Per quanto riguarda le Imprese individuali, le richieste di credito hanno registrato un importo medio pari a 47.561 euro (+14,7% rispetto al corrispondente periodo 2022), con l’incidenza dello scaglione al di sotto dei 5mila euro che raccoglie il 35,7% del totale.

Società di Capitali: il 33,3% delle richieste supera 50mila euro

Per quanto riguarda le Società di Capitali l’importo medio richiesto ammonta a 185.670 euro, segnando un incremento del +16,9% rispetto alla corrispondente rilevazione dell’anno scorso.
In dettaglio, il 33,3% delle richieste di questo segmento di imprese presenta un importo superiore ai 50mila euro.
A livello regionale nel I semestre 2023 si registra un andamento ‘fotocopia’ di quanto accade a livello nazionale. Rispetto al 2022 infatti la domanda di finanziamento è in contrazione in 16 regioni su 20, con un’unica regione in crescita, ovvero la Sicilia (+3,5%). Viceversa, l’importo medio cresce a doppia cifra in 14 regioni su 20. La variazione rimane invece più contenuta in Basilicata e Umbria, mentre si contrae per Trentino-Alto Adige, Molise e Calabria.

Turismo, ristorazione e tempo libero: rischiosità creditizia in aumento

Il settore del turismo, ristorazione e tempo libero è indubbiamente quello più colpito dagli effetti della pandemia e dei lockdown, anche dal punto di vista economico finanziario. Grazie però agli interventi governativi a supporto delle attività colpite il tasso di default, inteso come default pubblici e bancari, delle imprese del settore leisure è rimasto sui livelli minimi storici per l’intero periodo 2020-2021, con un valore intorno al 2,5%, rispetto al 5%-6% del pre-pandemia.
Tuttavia, a partire dal 2022, il tasso di default ha fatto segnare un progressivo incremento, fino ad attestarsi intorno al 4% già a fine 2022, caratterizzando il liesure come uno dei settori ad aumento di rischiosità creditizia in più rapida crescita.

In vacanza con Micio e Fido: 6,5 di italiani viaggiano con i pet

Micio e Fido non si lasciano in pensione, si portavano in vacanza. La tendenza è confermata da un’indagine commissionata da Facile.it e condotta dall’istituto di ricerca EMG Different, che ha rivelato che gli animali domestici sono membri effettivi della famiglia anche durante le ferie estive. Tra i proprietari di cani e gatti, più di 6,5 milioni di persone decideranno di trascorrere le loro vacanze, interamente o in parte, in compagnia dei loro fedeli amici.

Il cane è il perfetto compagno di viaggio

Per quanto riguarda i cani, più della metà dei proprietari (il 69%) li porterà con sé durante il viaggio, mentre la percentuale scende drasticamente per i gatti, con solo un terzo dei proprietari (33%) che viaggerà con il proprio felino. Nonostante l’inflazione che ha messo a dura prova le famiglie nell’ultimo anno, più del 70% dei proprietari di animali domestici (il 73%) ha dichiarato di essere disposto a spendere di più per l’alloggio al fine di garantire servizi adeguati al proprio amico a quattro zampe.

Seconde case e affitti stagionali le sistemazioni preferite

L’indagine ha rivelato che tra coloro che partiranno con i loro animali, la maggioranza preferirà alloggiare in una casa di proprietà (32%), seguita dall’affitto di una proprietà (25%), e da strutture ricettive come alberghi, agriturismi, hotel e B&B, scelti da 3,2 milioni di proprietari di cani o gatti (24%). Per quanto riguarda i mezzi di trasporto, quasi il 90% dei proprietari (11,8 milioni di italiani) si sposterà in auto, mentre il 10% opterà per l’aereo, percentuale che sale al 14% nel caso dei viaggi con i gatti.

Sicurezza in auto: non tutti sono attenti

Nonostante molti proprietari scelgano di viaggiare con i loro amici a quattro zampe, c’è ancora una percentuale di padroni che trasporta gli animali in modo improprio: il 4% (oltre 270.000 italiani) invece di utilizzare i dispositivi di sicurezza previsti dalla legge, terrà il proprio animale sulle gambe. Oltre a essere illegale e pericoloso, sia per l’animale che per i passeggeri, è importante ricordare che in caso di incidente, un’eventuale assicurazione per l’animale non coprirebbe le lesioni subite. Ancora, molti proprietari non pensano di proteggere i loro animali con un’assicurazione che li metta al riparo da eventuali imprevisti durante le vacanze. Secondo i dati dell’indagine, solo il 29% dei proprietari (quasi 5,5 milioni di persone) ha sottoscritto una polizza assicurativa, un aumento rispetto all’anno precedente (20,4%), ma comunque un dato ancora basso. La percentuale sale al 36% per i cani e scende al 17% per i gatti. Eppure le assicurazioni oggi sono facilmente accessibili e proposte a prezzi contenuti.

Generazione Z, il 57% degli italiani boccia lo slang

La Generazione Z, con il suo slang e le sue espressioni, viene bocciata dal 57% dei cittadini italiani. Questo è quanto emerge da un’indagine condotta da Preply, che ha intervistato circa 1.600 madrelingua italiani. Sono diverse le parole che vengono comunemente utilizzate dai giovani ma che non piacciono ai loro genitori e concittadini più grandi. Tra i termini meno apprezzati, in cima alla lista delle abbreviazioni, acronimi, idiomatismi e inglesismi che possono rendere una conversazione incomprensibile per molti, c’è “Bro”, abbreviazione di “brother” in inglese, usata come termine di affetto tra coetanei. Seguono l’immarcescibile “Scialla”, che indica una situazione di tranquillità, e “boomer”, utilizzato per indicare la “lentezza” con cui i soggetti tra i 60 e i 70 anni si adattano alle trasformazioni tecnologiche.

“Postare” è il termine slang più utilizzato

Secondo il rapporto, l’89% degli italiani ammette di utilizzare qualche termine dello slang, ma solo il 18% lo fa abitualmente nella maggior parte delle conversazioni. Tra le espressioni gergali più conosciute, troviamo “postare”, “un botto” e “spoilerare”, che sono diventate comuni anche tra i “boomer”. Altre espressioni difficili da digerire per alcuni sono “Che sbatti”, che significa non avere voglia di fare nulla, “Gls”, abbreviazione di “già lo sai”, e il classico “amò”, abbreviazione affettuosa di “amore”. Alcune frasi gergali meno conosciute includono “abbuco”, “bibbi”, “bae” e “simp”, che richiedono una certa dimestichezza con lo slang per comprenderle.

Si impara su Internet e sui social

Ma dove si impara lo slang? Secondo il 59% degli intervistati, lo slang viene assorbito da Internet o dai social media, mentre il 43% lo apprende dagli amici e il 18% dalla famiglia. Sebbene il 13% degli italiani pensi che sia appropriato utilizzare lo slang anche in contesti professionali, solo il 4% avrebbe il coraggio di farlo davanti al proprio capo.

Ogni generazione ha il suo linguaggio

In conclusione, l’indagine evidenzia una disparità di comprensione e utilizzo dello slang tra le diverse generazioni. Mentre i giovani si esprimono liberamente con il loro linguaggio informale, molti adulti faticano a seguirli e considerano queste espressioni estranee e poco comprensibili. Tuttavia, è importante sottolineare che l’utilizzo dello slang può variare a seconda del contesto e delle relazioni interpersonali, e che ogni generazione ha il suo modo di comunicare e di esprimersi.

Frena la richiesta di credito delle imprese, risalgono i tassi di default

Emerge dai dati elaborati di EURISC, il Sistema di Informazioni Creditizie di CRIF: il I trimestre 2023 vede in frenata la domanda di credito presentata dalle imprese italiane, che risulta del -3,6% rispetto al periodo corrispondente del 2022.
Il trend generale di flessione delle richieste si rispecchia anche nell’analisi per tipologia di impresa. Infatti, la domanda di credito da parte delle Imprese individuali mostra una contrazione del -6%, mentre le Società di capitali subiscono una flessione del -2,4%.
Al contrario, si registra un incremento a doppia cifra per l’importo medio richiesto, salito al +27,8%, pari a un ammontare di 146.845 euro. In particolare, per entrambe le tipologie di imprese: +27,4% per le Società di capitali (193.363 euro) e +21,3% per le Imprese individuali (49.717 euro).
E dopo 10 anni torna a salire il tasso di default delle imprese, che nel 2022 tocca il 2%.

Aumenta il rischio di un mancato rimborso del prestito

“Con l’aumento del costo del denaro è quasi inevitabile che anche le imprese provino a richiedere meno soldi in prestito, e che il rischio di un mancato rimborso del prestito stesso aumenti”, spiega Simone Capecchi, Executive Director di CRIF. 
Pertanto, il tasso di default risultava in costante calo dal 2013, delineando negli anni una rischiosità sempre minore delle imprese e uno scenario favorevole per le banche e l’industria del credito. In particolare, questo indicatore è passato da picchi del 7-8% fino a un minimo dell’1,5% nel 2021. Successivamente, la linea discendente si è prima appiattita per poi tornare a crescere dal 2022.

Fluttuazioni della domanda per Servizi, Commercio, Costruzioni

Dallo studio CRIF, che mette a confronto la distribuzione della domanda di credito delle imprese dei diversi settori economici, dopo il picco registrato nel I trimestre 2021 emerge un progressivo riassestamento dei volumi di richiesta del credito ai livelli pre-pandemia.
I settori che hanno maggiormente risentito della fluttuazione di questi anni di ‘permacrisi’ sono stati i Servizi, il Commercio e le Costruzioni.
Entrando nel dettaglio, l’innalzamento delle richieste fino al I trimestre 2021 ha subito un considerevole slancio per i Servizi, che rispetto al 2019, nei primi tre mesi del 2021 segnavano una crescita del 7,6%. Lo stesso è accaduto per il settore Commercio, che ha raggiunto lo zenit nel primo trimestre 2021, con un +7,5% in più rispetto ai livelli pre-pandemia. Una conferma di quanto le conseguenze economico-finanziarie della pandemia abbiano accentuato il bisogno di liquidità del comparto.

Food&Beverage: -13,7% di richieste

Il picco è stato significativo anche per le Costruzioni, con un aumento del 7,4% rispetto al 2019. Il comparto ha infatti beneficiato degli incentivi governativi, come Bonus Facciate o Superbonus 110%, che hanno rivitalizzato la domanda.
Le fluttuazioni della domanda di credito nell’arco temporale degli ultimi cinque anni sono state invece molto più contenute per settori quali le Telecomunicazioni e l’Energia. Viceversa, il comparto del Food&Beverage ha subito negli anni un forte ridimensionamento della domanda, passando da un livello pre-pandemia del 15,7% di richieste fino a segnare solamente un 2% nel I trimestre 2023 (-13,7%).